Bakary. Storia di un rifugiato artistico

Buone Storie, Iniziative dei progetti SAI

E’ la storia di Bakary, uno dei beneficiari del Progetto SAI del Comune di Carunchio, che unitamente alle classi dell’istituto Comprensivo I di Vasto, con l’aiuto dell’arteterapeuta del Consorzio Matrix, hanno dato vita ad una mostra di pittura dove forme e colori si sono tradotte in emozioni forti.
Bakary, ha iniziato a lavorare in giovane età, per quanto possa essere necessario e comune, rimane una cosa difficile. Faceva il sarto insieme a suo fratello e con questa attività riuscivano a mantenere la propria famiglia.
Fino a quando, per difendere i propri diritti, a causa di forti violenze subite, ha perso l’uso del braccio destro ed è stato costretto ad abbandonare i suoi cari e il proprio paese di origine, il Gambia.
Per un giovane sarto diventare disabile significa perdere una parte della propria identità. Un’identità ormai frammentata a causa delle numerose perdite subite: le proprie radici, i propri affetti e la fiducia in sè stesso.
Dal Gambia alla Libia, passando per il Senegal, per arrivare in Italia da solo, impossibilitato nel fare i lavori più disponibili seppur pesanti, come il muratore o l’elettricista piuttosto che l’idraulico, non riuscire quindi a ridefinirsi, a trovare uno scopo, in paesi colmi di estrema ed inimmaginabile violenza quotidiana.
È una vera impresa non cedere ai numerosi colpi della vita, non arrendersi ad un destino infausto, non soccombere di fronte alle numerose avversità, ma diventa straordinaria quando dalla propria sofferenza si riesce a dar vita alla bellezza, quando le cicatrici che ci portiamo dietro non limitano ma mostrano sorprendenti e inaspettate capacità.
Bakary ha la capacità di superare i limiti: in una terra dove non conosce la lingua, è capace di tradurre in un alfabeto di forme e colori i propri stati d’animo. Riesce a trasporre i suoi vissuti, le sue paure e fragilità nel linguaggio universale dell’arte: arrivando a riadattare e educare la mano sinistra a compiere gesti e segni per dipingere il suo mondo interno.
I quadri di Bakary parlano come le parole non sanno fare, ci consentono di sentire e toccare con mano la sua storia, fatta di gioie e dolori. Invece di rifugiarsi in se stesso e chiudersi, ha cercato riparo nell’arte e si apre a noi raccontandoci il suo doloroso passato nella prospettiva di un futuro migliore.
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